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Sport a Roma 06 maggio 2021 Cesare Josè Màrio Dos Santos Mourinho Fèlix Il suo nome sarà scritto
in lettere d’oro. Riceverà il titolo di Augustus,
vale a dire l’augurium augustum (“augusto presagio”) con cui fu
fondata inclita condita Roma est. Ossia,
la gloriosa Roma. Fondamentale, dopo
l’annuncio di Mourinho alla Roma, è restare con i piedi per terra. Non cadere
in facili e ingiustificati entusiasmi. In fondo, è soltanto un allenatore di
calcio. Passerà su un cocchio
trainato da quattro cavalli bianchi nel giorno del triumphus, rivestito di oro e avorio, il capo cinto da una corona
d’alloro, al suono solenne di corni e trombe. Tra ali di folla festante,
adorante, devòta. Scenderà da Porta Trionfale, attraverserà Roma genuflessa,
affiancherà il fiume sacro e salirà al Campidoglio, a sacrificare a Giove. Chissà se Mourinho è
ormai un coach bollito, d’altronde a cinquantotto anni, dopo un esonero al
Tottenham, cosa puoi aspettarti da un decrepito? Conierà monete. Il Mou aureus di 10,8 grammi, con la sua
effige semidivina verrà diffuso in
ogni angolo dell’impero. Passerà ore a confrontarsi con Virgilio, Orazio, Livio
e Ovidio, trapassando il tempo e lo spazio, sul modo migliore per conservare in
eterno il mos maiorum (le arcaiche
tradizioni di Roma). Un catenacciaro. Che vuoi
aspettarti da uno che non inizia l’azione da dietro, con il portiere primo
“regista” del calcio moderno? Da uno che ha vinto solo venticinque trofei nella
sua misera carriera? Nulla, sarà un fallimento. Parlerà con gli dèi.
Riceverà l’apotheosis (assunzione al
cielo di un mortale) già da vivo, come solo Ottaviano Augusto prima di lui. Dal
quale riprenderà una nuova Ara Pacis
Mourinhae, che nei fregi unirà motivi culturali, religiosi e calcistici
insieme (Faustolo, Marte, Rea Silvia, Italo Foschi, Dino Viola e Franco Sensi),
poi ancora Enea e il figlio Ascanio che offrono animali in sacrificio ai
Penati, le divinità protettrici della casa e dello stato romano. Saranno
affiancate da una scultura criselefantina raffigurante Dan Friedkin e il figlio
Ryan che offrono Diletta Leotta in sacrificio alla Curva Sud. È un personaggio passato
di moda, il calcio oggi è altro. È superato, non vale più niente, tantomeno i
sette e passa milioni di ingaggio. Soldi buttati da una nuova dirigenza senza capo
né coda, che si affida a un vecchio sbandato della panchina per annebbiare i
tifosi, questa è l’unica, amara, verità. Il culto del 26 gennaio,
suo giorno di nascita, sarà introdotto in tutte le province dell’impero. Il culto
del Mou vivente, tra templi e sacrifici in suo nome, abbaglierà Roma e
l’umanità intera. Dispenserà scudetti e coppe dei campioni al popolo, regalerà
loro giochi sfarzosi in anfiteatri gremiti, dove leoni famelici sbraneranno
quel che rimarrà di schiavi vestiti in celeste, rosso, nero, azzurro e bianco.
Onorerà il giallo ocra del becco delle oche del Campidoglio e il rosso
pompeiano di chi lo ha preceduto al potere. Vivranno per lui.
Moriranno per lui. Aut Caesar aut nihil, “o Cesare o nulla”. Ave Mou.
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