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Sociale a Roma

15 febbraio 2021
I nonni che verranno
Proiezioni di un visionario

Non invecchieranno mai. Nuovi eroi del fanatismo digitale. Memorie virtuali di vite mai vissute, figli cristallizzati di un totalitarismo transumano di cui oggi vediamo solo i primi abominevoli bagliori.

Paladini dell’orrore artificiale fatto abitudine, da ottimi nativi digitali diverranno quel che altri vorranno, dopo decenni di incessante nichilismo spacciato per progresso: tecnologicamente avanzato, umanamente corrotto e non più comprensibile, perché non dubitabile.

Ma non sarà un problema perché non ci sarà più vincolo di necessità.

La tristezza di un distacco umano non esisterà, perché inglobata e soffocata dal nesso virtuale. L’onniscienza online sarà piena vitalità antitetica di quel che appare ma non è.

Quelle che oggi chiamiamo nuove forme di socialità, saranno condanna finale di quella vissuta, partecipata, dibattuta e, soprattutto, non controllabile.

I nonni che verranno non avranno memoria del più grande inganno subìto da giovani, quando, intrappolati in gabbie dorate interconnesse, credevano ciecamente ai propri occhi oppressi dai monitor, corrotti dai “social” e crocefissi dal nuovo capitale tecnologico. Quando credevano ingenuamente di poter scegliere e decidere che fare e con chi, fermamente convinti che quel che li abbagliava fosse l’ideale supporto al progresso umano. Quando hanno accettato, chini e devoti, che ogni piccolo sacrificio di sovranità dell’anima valesse davvero un futuro già svenduto.

Ignari che la vita è sempre adesso, che un attimo non torna più e che il compagno di viaggio digitale li avrebbe mano a mano inghiottiti e debilitati completamente.

Non denunceranno nulla di tutto questo. Non lo faranno perché non ne avranno avuto coscienza. E quindi, appunto, memoria.

Saranno felici i nonni che verranno. Di una felicità nuova e reale, proprio perché i pilastri secolari della vita prettamente umana saranno già stati ribaltati definitivamente.

Forse camperanno tranquillamente più di cent’anni. Ma senza invecchiare, perché mai stati veramente giovani, se non d’età anagrafica.

Quanto avranno vissuto davvero di quella vita scandita dal vecchio schema sociale avverso al post e al trans umanesimo?

Sì, quella vita toccata con mano, abbracciata, respinta, odiata e baciata; dei lunghi pianti e delle infinite risa, dei faccia a faccia, degli studi seri su libri cartacei, delle opinioni diverse, delle folle pacifiche e violente, governabili e non. Sudati, trafelati, stanchi morti. Vivi più che mai, come gli innamorati di un sorriso e i rissosi per un niente.

Nulla. I nuovi nonni non avranno vissuto nulla di questo e molto altro. E, di certo, non potranno raccontarlo.

In “videocall” con i nipotini, già battezzati digitali, narreranno dei loro primi software o dei vetusti smartphone del 2021, di come comunicare senza incontrare. Insomma, della loro “beata” gioventù.

I centri anziani, simbolo di eterna socialità che non sfiorisce, non esisteranno più. Niente carte, ovvio. E niente balli.

Già, i nonni che verranno non balleranno insieme.

Neanche uno di quei balli antichi. Che nessuno sa fare più.


articolo inserito da: Raniero Mercuri
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