Condivisione è arricchimento umano. Su questo non c’è alcun dubbio. D’altronde, basterebbe ricordare che il vero significato di costituzione, nei padri greci, era la “politeia”, ossia partecipazione viva, attiva e reale, piena socialità e condivisione.

Oggi siamo all’antitesi. Tralasciando per una volta la surreale vicenda Covid, non possiamo che osservare una società moderna crepuscolare, figlia di una globalizzazione di costume esasperata, per molti aspetti ridondante, sicuramente incontrollata, o forse iper controllata.

Viaggia a ritmi forsennati sulle nostre vite, incidendo pesantemente nei rapporti interpersonali, ribaltando il principio primo di ognuno: essere ed essere con gli altri.

Il risultato è un perpetuo processo d’integrazione disintegrativo, forzato a tutti i livelli. Nessuno escluso.

La perdita dei valori primi di ogni essere umano inteso come ”animale sociale” stanno via via per essere abbattuti dalla violenza di oscuri artigiani di sogni capovolti, narratori erranti e colpevoli del mondo a portata di “social”.

La conseguenza è il lento (ma neanche tanto) ed inesorabile logoramento delle specificità, soffocate dall’invasione pseudo egualitaria di tecnocrati senza confini e senza regole.

La devastazione sistematica di ogni vera diversità, quella dei particolarismi cittadini, contadini e nazionali ci sta portando, mano nella mano ad orchi senza storia, in un tunnel infinito, dove l’unica luce che vedremo in lontananza sarà quella dell’ennesimo progresso tecnologico e virtuale. Ci abbaglierà, ci farà vivere le vite di tutti tranne la nostra. E ne saremo felici. Sapete perché? Perché non la riconosceremo più.

Battezzati da monitor, specchi infedeli di vite mai vissute, vivremo ciò che non esiste, dispensando sacrifici agli dèi della nuova ed eterna religione tecnologica. Più moderni di sempre. Più distanti che mai.