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Sport a Roma

26 novembre 2020
L'ultimo assolo di Diego Armando Maradona
Napoli, Buenos Aires e il mondo uniti nell'abbraccio al grande argentino

Ieri nella sua casa di Tigre è morto Diego Armando Maradona, per tutti il calcio. Il caso, che Napoleone sosteneva essere presente nella vita di ciascuno di noi con una precisa posizione matematica, lo ha portato a vivere gli ultimi momenti della sua fiabesca esistenza in una cittadina a ventotto chilometri da Buenos Aires. Lì a un passo dalla capitale della sua amata Argentina, in cui sessant’anni fa a Lanús nacque il suo genio dal tratto emotivo, re Diego si è ricongiunto con i fiumi Luján e Reconquista che bagnano Tigre e che metaforicamente hanno visto scorrere l’ultimo guizzo del campionissimo.

La vita di Diego Armando Maradona è stata tutta, per dirla con le parole che gli dedicò Victor Hugo Morales, un memorabile viaggio verso il gol. Una parte del tutto capace nel sinistro divino, nell’assolo, nella tecnica sublime, di andare sempre oltre l’ostacolo. E di generare emozioni. Quando segna all’Inghilterra il gol del secolo saltando uno a uno i pari di sua maestà, Dieguito è un personaggio da romanzo che ha vissuto già molte vite. Alcune favolose, altre gotiche. Nel barrio natio ha conosciuto la povertà dei piedi sporchi e scalzi, ma anche esordito a sedici anni nel campionato argentino con l’Argentinos Juniors. A vent’anni la Bombonera diventa per lui la cattedrale immaginifica delle sue magie dispensate nel nome dell’amor bochense. Tutta l’Argentina ha cominciato ad amarlo.

In quegli attimi sublimi, si è messo nella sua corsa però anche l’oscuro del gotico. La cocaina è già compagna di vita dalle notti catalane della Barcellona anni ’80, l’invidia e la cattiveria lo marcano a uomo e gli spezzano una gamba nella corrida di un ruvido Athletic Bilbao-Barcellona, la Spagna lo rifiuta. A ventisei anni quando prende quella palla da Enrique nel centrocampo dello stadio Azteca, ci sono tutte queste immagini di sé dentro il suo cuore. Così decide di scartarle una dopo l’altra arrotando la palla in un dribbling continuo con la vita, non solo con gli odiati fratellastri di Francis Drake.

Il gol che segue è lo spartiacque di gioie e dolori. È la pennellata del nuovo Maradona, quello del genio mondiale, del carisma, del condottiero che gioca per trascinare i compagni. La sua anima, in quei giorni caldi vissuti senza paura nella vecchia Tenochtitlán dei padri aztechi, è già napoletana. Un popolo lo venera vedendo in lui non un nuovo Masaniello, ma il genio della commedia dell’arte. L’artista che come Totò e Troisi canta i colori della Napoli dell’amore smisurato. È ormai il dieci della fantasia al potere, il re che difende i suoi pari, il fuoriclasse del riscatto sociale di una città che da grande capitale del ’500 era stata abbandonata dalla falsa retorica degli intellettualismi più biechi.

Diego la prende per mano e la ripaga dell’amore che sin dal primo giorno Napoli gli ha dato. Quell’amore così pieno di emozione da subito lo sorprende e gli allarga il cuore di gioia, il sentimento che ha sempre cercato e finalmente trovato. Lo scudetto del 1987 è Pane, amore e fantasia alla Vittorio De Sica. Quello del 1990 è un ritorno da figliol prodigo da Surdato ’nnammurato. Poi arriva il tempo della ricomparsa del fantasma sempre presente della cocaina che lo aspetta al varco come la livella del principe della risata. Diego vacilla, muore di abbandoni e resuscita, una, dieci, cento volte. Nella sua vita pazza e impossibile vive altre avventure, ancora belle e brutte. Ancora argentine e napoletane, anche se la città del cuore è lontana.

Il cuore del Diez si è fermato ieri in una città bagnata da fiumi, come in una di mare aveva trovato la vita. È stato un emotivo generatore di emozioni. Un campionissimo che nelle sue polemiche ha spesso detto il vero in barba al linguaggio dittatoriale del nostro tempo, il politicamente corretto. Un fuoriclasse che ha regalato uno dei doni più belli della vita, l’emozione. È stato un uomo buono. Diego Armando Maradona ha emozionato. Grazie di tutto re Diego, emotivo fuoriclasse del dio pallone.

 


articolo inserito da: Matteo Quaglini
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