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Sociale a Roma

22 novembre 2020
Ricordi del lockdown, musica dal vivo in zona Appio-Latino
Intervista a Valerio Mattei, musicista che dal balcone di casa teneva compagnia durante la chiusura

Durante la scorsa primavera tutti quanti noi siamo rimasti a casa per via del lockdown imposto dal governo, a seguito dell’incremento dei contagi per via della pandemia di Covid-19. Senza parlare dei giorni, nuovamente difficili, che stiamo vivendo in questa fase attuale, voglio di seguito raccontarvi, attraverso alcune domande dirette al nostro ospite, la storia di Valerio Mattei, musicista e scrittore nato a Roma nel 1980, che durante il lockdown è diventato, grazie alle sue performance live sul balcone della sua abitazione a Roma, un punto di riferimento per gli abitanti del quartiere Appio-Latino.

Benvenuto Valerio, partiamo da un ricordo del lockdown e da come è nata l’idea di suonare dal balcone della tua abitazione

Quando si diffuse la notizia del lockdown ero in ufficio: mi chiamarono e mi comunicarono che sarei stato in ferie forzate per un lungo periodo. Per me fu una sensazione magica perché da molto tempo ormai viaggiavo per promuovere il mio libro Lo Sciamano, lavoravo a tempo pieno in ufficio, sviluppavo anche diversi altri progetti musicali, tenevo concerti, dirette sui social ecc.

Ritrovarmi improvvisamente fermo, poter riflettere, riposare, studiare con calma e in silenzio mi sembrò una grazia notevole, pur con una viva preoccupazione per quanto stava – e sta ancora, purtroppo – accadendo.

Ricordo la straniante sensazione di silenzio che perdurava anche dopo aver aperto i vetri doppi della mia finestra che affaccia all’angolo della via Tuscolana, non proprio un punto silenzioso solitamente…

Ricordo anche il profumo delle piante che stavano fiorendo, ricordo l’aria di collina, mai sentita prima dalla mia stanza… senza nessuna traccia di smog o altro. Questo mi fece rendere conto ancora più del solito di quanto stavamo e stiamo massacrando il nostro pianeta.

L’idea di suonare dal balcone ogni tanto nella mia infanzia e adolescenza mi aveva già sfiorato varie volte, ho sempre sognato che la città come per magia potesse trasformarsi in un teatro a cielo aperto, con i palazzi a fungere da enormi loggioni, pieni di cuori, di vite, di storie, di persone pronte a lasciarsi inondare dalla musica, supportata da luci e impianti audio enormi installati chissà come e chissà dove… visioni da sognatore.

Quel giorno di marzo, mi arriva un messaggio via Whatsapp in cui leggo di questa intenzione di lanciare una sorta di momento musicale dai balconi, tanto per farci coraggio.

Sorrido. Di carattere non sono un espansivo a tutti i costi, cerco di espormi quando ritengo che la mia persona sia funzionale a un buon messaggio, a un valido progetto, altrimenti resto riservato, ascolto, rifletto. Questo per dire che non mi ci vedevo assolutamente ad affacciarmi per cantare dal balcone solo sulla scorta di un messaggio.

Nel giro di poco però ne arriva uno identico da un’altra persona, poi un altro, poi un altro.

Iniziai a percepire che c’era qualcosa nell’aria, e questo qualcosa mi stava iniziando a muovere.

Ricordo ancora la sensazione di quel venerdì sera… guardando dalla finestra da cui per tutta la mia vita avevo sognato a occhi aperti, e ricordo di aver pensato lucidamente “ma… davvero sta per succedere?”.

E il giorno dopo, il sabato, che fu la prima vera grande “balconata”, ricordo un malessere quasi fisico, stavo facendo resistenza, stavo pensando “ma no… mi metto a cavalcare l’onda sociale per mio vantaggio? È questa la sensazione che voglio dare? Sto facendo la prima donna su una tragedia o voglio davvero dare un servizio?”.

Ricordo di essere stato male fino a che non ho deciso di approntare i miei strumenti in balcone e unirmi così a quei canti di speranza, contribuendo nel mio piccolo. Era come se qualcosa dentro di me (forse proprio quello Sciamano che è il protagonista del mio libro) mi dicesse: «ok abbiamo capito che sei una brava persona non ti preoccupare ora vai là fuori, fai cosa senti che è giusto per te e per gli altri (e lo sai che è giusto) e non rompere le scatole!». E così feci.

Quali furono le reazioni della gente?

Nei giorni successivi diverse persone mi espressero pareri positivi, capii che davvero la musica in una circostanza del genere poteva giocare un ruolo fenomenale e, pur con una sensibile tensione per via di quanto accadeva intorno, decisi di continuare, intervallando sempre con alcuni giorni di silenzio per doveroso rispetto.

Restai sorpreso dall’elevato numero di commenti e condivisioni via Facebook e, soprattutto, le persone stavano esorcizzando le loro paure attraverso questo tipo di manifestazioni e io mi sentivo sollevato sia per il fatto di suonare e cantare – che è sempre una grande benedizione per me – sia perché sentivo che mai come in quel frangente, ciò che faceva stare bene me sembrava aiutare anche qualcun altro. Quando queste circostanze si verificano tutti vincono. È come fare l’amore: l’atto del dare piacere e l’atto del ricevere piacere non hanno più confini.

Ciò che mi ha commosso molto è stato anche dopo il lockdown ogni tanto vedere persone che mi salutavano e mi ringraziavano con parole davvero toccanti, ma soprattutto con una espressione negli occhi di grande riconoscenza ed emozione. Io mi ritengo uno strumento, un canale, quando quel “qualcosa” che mi ha letteralmente spinto a fare in quei mesi un gesto così bizzarro e del tutto improponibile in tempi normali, sceglie di passare attraverso di me, questo è un grandissimo privilegio, oltre a quello di poter sempre avere con me questa inestimabile compagna che è la Musica, la Creatività, la Fantasia.

Quali sono i tuoi progetti artistici?

Vivere la musica e la mia creatività in un contesto sociale drammatico non mi era mai accaduto finora...

Porto avanti sicuramente il messaggio del mio libro Lo Sciamano, le mie dirette social, soprattutto sulla pagina Facebook I Am Light, con l’intenzione di continuare a essere – auspicabilmente – di conforto/ispirazione alle tante persone che ancora sono purtroppo in difficoltà. Per il resto ormai l’esperienza mi ha insegnato che se lasciamo spazio e tempo alla Magia per accadere attraverso di noi, vediamo compiersi meraviglie. Quelle meraviglie che invece quasi sempre sfuggono quando ci sediamo a tavolino e iniziamo a elucubrare strategie pur sulla scia di una ambizione sana e comprensibile ma che, se intossicata dalla smania, non fa che trasformare i doni che abbiamo ricevuto in una sorta di maledizione, il che è davvero sacrilego.

Se dovesse arrivare un nuovo lockdown? Rifaresti le stesse cose?

Onestamente non me lo auguro. Perché vorrebbe dire che è stato tutto completamente chiuso e bloccato di nuovo. Quella che ho scelto di adottare è l’etica dell’estintore. Mi tengo pronto ma allo stesso tempo mi auguro per tutti di non occorrere. Anche perché il sentimento sociale generalmente percepito adesso è molto diverso da quello di marzo-aprile. Ci sono spaccature, tensioni, tante situazioni diverse, tutte molto importanti e critiche, credo che occorra più meditare che cantare (per quanto la musica è una forma di meditazione molto alta e potente) e che il silenzio, in questo momento di grande clamore, possa giovare più dei suoni. È pur vero che, pensando a quanto successo in primavera, potrei percepire di nuovo la genuina sensazione che la musica sia nuovamente necessaria e gradita. A quel punto ovviamente non esiterei a rendermi di nuovo disponibile per questa Magica Amica a beneficio di chiunque volesse. Quello che mi auguro di cuore è che tutti possiamo trascorrere un Natale relativamente sereno e magari per quella data avere un quadro della situazione più disteso. Ecco, questa potrebbe essere una bella immagine: sulla scorta di notizie più confortanti ritrovarsi magari intorno a un metaforico falò musicale, intorno a quello stesso balcone, per una Vigilia di Natale diversa, con musica natalizia nel ricordo di un momento in cui, pur (o dovrei dire: proprio per) la drammaticità che abbiamo vissuto, è emersa una solidarietà e uno spirito di condivisione raramente visti prima.

Sarebbe anche molto bello sfruttare gli spazi verdi del quartiere come la bellissima Villa Lais per offrire un momento musicale all’aperto che raggiunga anche le palazzine circostanti e recuperare così un senso di solidarietà e complicità che ultimamente ha molto sofferto.


articolo inserito da: Jacopo Nassi
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