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Arte&Editoria a Fonte Nuova

11 maggio 2021
Per sempre Vanni Maddalon
I figli, i familiari, gli amici e i colleghi hanno reso omaggio al Gesù Maestro, al grande speaker

La sua voce calda e modulata, da sabato mattina all’alba, suona la cadenza di parole intrise di talento e amore, nel microfono e con le cuffie dell’universo. Alle sette del mattino, di un maggio estivo e assolato, il grande Vanni Maddalon, mito della radiofonia romana, ha intrapreso il suo nuovo viaggio. È partito per nuovi lidi, nel segno del numero magico caro ai Caldei. Il sette, studiando in maniera sintetica la numerologia e i suoi significati, è un numero spirituale che contiene veli che devono essere scoperti uno dopo l’altro per arrivare all’illuminazione.

Quell’illuminazione che non è nient’altro che la comprensione profonda di ciò che ci circonda e la realizzazione dei nostri sogni.

Vanni Maddalon i suoi sogni li ha realizzati. È stato un precursore delle radio libere, negli anni in cui l’Italia non era solo terrore e stragi, ma anche accademia e fucina di idee culturali nuove e sperimentali. Uno dei pionieri in cerca dell’oro nascosto dalla polvere un po' stantia benché magniloquente della grande Radio Rai. Per setacciare quell’oro nascosto Vanni Maddalon ha usato l’alchimia del suo talento vocale, delle sue idee non conformistiche, dei suoi format innovativi, tutti gioielli della sua collana di gemme radiofoniche.

Due sono stati i tratti distintivi del suo essere funambolo dietro il microfono: l’annuncio dell’ora al rientro da una pausa musicale e la notte. Il primo si riferisce al suo modo di intendere la vita e il suo scorrere. Il secondo è il riflesso istintivo del momento della giornata che più amava, lui acta nocturna per eccellenza.

L’inizio delle trasmissioni e tutti i rientri dal blocco musicale, come si dice nel gergo della radio, erano annunciati dalla sua voce col classico 30 minuti dopo le 14, metteva prima di ogni ora i minuti. Era il suo modo di interpretare il tempo, rovesciandolo. Con questo assolo figlio del suo talento irriverente e anticonformista, Vanni Maddalon voleva comunicare ai suoi ascoltatori come dentro la fissità delle ore ci sono i minuti che vengono prima, a significare come sia lì e non altrove che bisogna vivere per realizzare i propri sogni, le proprie idee, le proprie speranze.

Un messaggio d’amore per i suoi fedelissimi. E, anche, un messaggio che invitava a scavare dentro sé stessi mentre le lancette corrono e bisogna afferrare il tempo senza farselo scappare, perché è lì che si nasconde il tesoro che ciascuno di noi può improvvisamente scoprire.

Poi, per lui, venne la notte. E fu il format che fino a pochi giorni fa ha portato nel cuore, sperando una volta tornato in conduzione, dopo questo breve periodo di pausa delle ultime due settimane, di regalarlo una volta ancora ai suoi amati radioascoltatori. L’idea che gli venne si chiamava Radio Notte, un contenitore di musica, racconti e voci che popolavano la notte, universo difficile, magico e fascinoso. Era la sua perla tra le tante incastonate in oltre trent’anni di professione.

Non era però l’unica. Vanni ha lavorato a Radio Spazio Aperto, a Radio Italia anni 60, ha indossato le cuffie del cantore di storie a Radio Città Aperta e a Erre2. E, ancora, Radio Voi, negli anni Novanta, quelli del secolo breve che finiva aprendosi al mondo fluido di questi Duemila per dirla con Bauman e Chomsky, con Michele Plastino. È stato grande romanista, illuminato e romantico con nel cuore sempre la Roma del genio Nils Liedholm, squadra della sua gioventù. Ma da intenditore e cultore calcistico ha sempre rispettato l’altra fede eretica del Tevere, nella città santa per eccellenza. La Lazio, da lui sempre magistralmente rispettata e omaggiata con una diretta di dodici ore a Erre2 nell’anno del secondo scudetto, Giubileo del 2000.

Questo tratto dell’uomo buono e grande, lo hanno ricordato in un commosso omaggio Guido De Angelis e Stefano Greco – voci storiche della lazialità e colleghi di Vanni Maddalon. Da romanista storico ha omaggiato ancora con le dodici ore, altro suo numero magico, lo scudetto di Batistuta e Totti. Era anche un grandissimo esperto di motori sia nella Formula Uno che nel Moto mondiale. Conosceva i gangli, i dettagli, i particolari delle storie del rombo delle corse, da sempre per definizione gioia e dolori.

Nel raccontarli è sempre stato giusto, anche quando ha dovuto, recentemente, criticare il mancato ritiro di Valentino Rossi, campione che lui amava. Questa capacità di critica che gli veniva dalla competenza, è il segno dei grandissimi che per definizione sono prima di tutto onesti nel dire quello che pensano.

Dal primo marzo di quest’anno aveva iniziato, il sabato e la domenica, dalle 14 alle 17, una nuova avventura sulle frequenze di Radio Roma, la prima radio libera della Capitale nella metà degli anni Settanta. Era entusiasta di questa nuova avventura intrapresa col sogno di sempre e con la voce inconfondibile dei giorni migliori. Accanto a lui – come sempre, meglio di sempre – l’elegante e colta Alessandra Paparelli, compagna dei giorni grandi dell’amore e amica di quelli dell’affetto immortale. Conduceva, con lei, Radio Roma Magazine: un format che ogni fine settimana intervista musicisti, cantanti, attori e attrici, personaggi dello spettacolo. È stato anche questo uno dei guizzi di Vanni Maddalon e Alessandra Paparelli, dare al pubblico una radio di qualità e cultura nel segno della classe indelebile.

Il grande speaker dell’etere romano ha condotto fino all’undici aprile scorso, con la fantasia di sempre e l’amore per la radio intatto, anzi sempre più grande. Sempre più sentito. Ieri pomeriggio, alle 14.30, l’ultimo saluto omaggio di parenti, figli, familiari, fratelli, amici e colleghi nella chiesa Gesù Maestro di Fonte Nuova-Tor Lupara. Le cuffie poggiate da Alessandra Paparelli sul feretro, la sua foto dietro un microfono, il coro a cantare come fosse un gospel all’americana.

Vanni Maddalon rimarrà nel cuore di chi lo ha conosciuto e ha avuto la fortuna di lavorare con lui. Lo si ricorderà per i suoi guizzi, l’idea di dribblare la vita e le sue angherie con una finta alla Bruno Conti, le intuizioni geniali e i grandi sentimenti che custodiva dentro di sé. È stato il Frank Sinatra dell’etere romano, un Maestro della Foresta e Peter Pan al tempo stesso. E proprio la canzone di Enrico Ruggeri, colonna sonora delle sue trasmissioni di successo, lo ha salutato ieri assieme alla gente che gli ha voluto bene. Per questo chi parte per un nuovo viaggio non dà mai un addio, ma resta nel cuore di chi lo ha nel cuore. Per questo sarà sempre, per sempre Vanni Maddalon.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


articolo inserito da: Matteo Quaglini
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