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Cultura a Palombara Sabina


30 gennaio 2021
DOMENICO PERTICA – MOMO 1921-2021
Un ricordo nel centenario della nascita di un palombarese illustre


La storia è da una parte una costruzione fatta dalla ricerca nel tempo dello spazio. Dall’altra è come ci ha insegnato la storiografia americana di inizio anni ’80, azione, pensiero e comportamento degli uomini e delle donne. Una mescolanza che apre alla convivenza con il grande universo del quotidiano. Un connubio che è amore per i luoghi, capacità descrittiva, racconto, sguardo sul mondo, soprattutto quello dei meandri sconosciuti ai più, delle stradine dei borghi e di quelle di città, dei rioni e del paese natale, Palombara Sabina. È questione di estro. Tutto questo, intriso di genio e accompagnato dal talento, è stato Domenico Pertica, poliedrico palombarese e testaccino di approdo. Un viaggiatore del tempo nello spazio storico il signor Domenico, che ha raccontato attraverso articoli, pellicole cinematografiche, pitture e romanzi, la Sabina, la Roma, il mondo che erano dentro il suo cuore.

Pubblichiamo integralmente l’articolo ricordo della figura artistica e umana di Domenico Pertica, del signor Angelo Gomelino, socio dell’associazione culturale “La Palombella”, memoria storica di Palombara Sabina e curatore di un bellissimo archivio storico sul paese sabino.   

Oggi 30 gennaio ricorre il centenario della nascita di Domenico Pertica, nato a Palombara Sabina nel 1921, in via del Plebiscito 73, (ora largo Marconi) in una serata fredda e nevosa da Laura Mattei e Marco Tullio Pertica, maestro elementare nella cittadina sabina.

Già nel 2010, in occasione del decennale della sua morte, Palombara Sabina lo aveva ricordato con l’apposizione di una targa nella sua casa natale alla presenza del sindaco Paolo Della Rocca e della moglie Francesca delle figlie Laura e Emanuela e dei nipoti, che anche in questa importante ricorrenza non ha dimenticato il suo illustre concittadino. Domenico Pertica visse a Palombara Sabina la sua prima infanzia poi seguì la famiglia che si trasferì a Roma. I ricordi, evidentemente felici di un bambino permeato di viva intelligenza e da una innata sensibilità che gli hanno consentito di mantenere sempre intatto il suo amore e un forte attaccamento al paese natio.

Di questi suoi nobilissimi sentimenti affettivi ne sono dimostrazione alcuni suoi scritti di ricordi giovanili. Pensieri brevi, ma briosi ed armonici, in un’alternanza di personaggi caratteristici del tempo, di notizie e monumenti storici, dell’esaltazione delle bellezze naturali e, non poteva mancare il ricordo della «stupenda palombella … la bella compaesana», amore immortale del famoso scultore francese dell’800, J.B. Carpeaux. 

Piccoli gioielli di sana vita paesana «… il profumo di geranio … di quelle foglie cincischiate nel giardino Tosi, o appeso ai vasetti curiosi delle finestre di Nannina Petrelli, davanti al fumo azzurro degli olivi. Dolceamaro profumo, primo incontro della mia vita, sotto il sole di Palombara. Ma tant’è che resta, il ricordo, leggero come un brivido e più insistente di un tatuaggio».

Colpisce il sentimento intimo e profondo che lo lega al ricordo dei genitori e della quotidianità famigliare:

… «Attraverso i sentieri del recupero, cammino, pagina per pagina, sullo spettacolo illustrato del mio paese dove nacqui alle 9 di sera di un giovedì in una ventosa notte del 30 gennaio 1921, e proce­do con passo bambino su due secoli di storia rac­contati, fotografati con puntiglioso affetto. E in ogni pagina ho cercato un brandello della mia immagine, di quella di mia madre, di mio pa­dre maestro elementare nella regia Scuola di Pa­lombara, correndo l'anno 1905. Ho cercato me stesso in un'anagrafe di famiglia, fra i gruppi, die­tro una finestra, o appeso al filo del funambolo quando c'era festa sulla piazza il giorno della Ma­donna di Ferragosto. Ho gustato il tepore del latte appena munto alla vaccheria della piazza del Castello, e la fre­scura dell'acqua tirata su dalla conca nella cucina che profumava di mele cotogne e di brace. E poi, da una finestrella entrava dentro casa tutto Monte Gennaro».

E ancora altri incantevoli quadretti tratti da un articolo degli anni ’70 scritto per il Messaggero dal titolo suggestivo: Ida la bella e Peppa di legno – sabine scomparse che nessuno rapì:

… «Ida era bellissima, suonava il piano, teneva salotto, e spopolava nelle passeggiate domenicali sulla piazza.   Peppa era così chiamata perché non solo dimostrava essere tutta d’un pezzo nei suoi movimenti e nelle sue decisioni, ma anche perché nel suo negoziuccio vicino a san Biagio, la merce che amava esporre con maggiore evidenza erano balocchi di legno fatti da esperta mano artigiana, dipinti e vestiti con vesti sfolgoranti, appoggiati dappertutto, su sedie, tavolini, tavolinetti, sì da produrre una gran festa».

… «Su per la salita di via del Plebiscito non ci sarà più Romolo, un calzolaio chiuso in un buco nero illuminato da una eterna lampadina a penzolone sul trespolo, né il vecchio Pompeo farmacista del paese, né, sulla piazzetta, in cima, all’ombra del castello Savelli, ritrovo la vaccheria e il latte spumante, più ricco di una panna montata. Ma, le quinte, gli slarghi, le luci e le ombre, lo sganasciar discreto e sorridente della gente tra i vicoli sono gli stessi di allora».

«Sull’alto della torre Savella, il detto gentile ed antico, Palommara tonna tonna chi va via presto ritorna, sembra girare come un carillon per richiamare a questo mondo il calore di una società contadina che ancora ha fiducia ed aspetta. …  Da queste pietre, posso ancora ascoltare, nel ricordo, note d’arpa che provenivano dagli appartamenti ducali abitati dai custodi del castello; allo strumento stava appoggiata con gesti d’angelo una signora che si chiamava Memma Ciolella.

… «Intorno a quella torre, Ottaviano discendente del Duca Alberico, signore di Aspra, fondò e costruì il castello.  Oddone e Filippo, suoi figli, furono i primi veri signori di Palombara. Essi, però, nel 1279, vendettero le loro proprietà ai principi Savelli. Il dominio savello cessò nel 1636, quando il feudo fu venduto ai Borghese. Da questi passò ai Torlonia e, infine, agli Sforza Cesarini, attuali proprietari».

… «Un incontro abbastanza robusto, e di sapore «romanico», tra i più suggestivi che si possa fare nel Lazio, è quello con l’abbazia di San Giovanni in Argentella. Poi, più su, in cima a Colle Zappi, dove lo scienziato gesuita padre Secchi fece istallare, nel 1900, il «Punto Trigonometrico di Roma», il panorama ha un giro di 360 gradi: dal Cimino al Soratte, al Gran Sasso, a Roma, al Circeo. Intanto dal Pratone, arriva tanto vento che sa di menta, insieme alla ricostruzione di un ricordo che con i soprannomi, le campane, i voli argentei degli ulivi, le «cerase» pacioccone e sfacciate, i somari e la festa della gente, ci rende ancora intatta una Sabina – da – salvare».

Ed infine questo pensiero amorevole, forte e di velata nostalgia:

 … «Si muovono i sentimenti di una ritro­vata identità fra le pagine di quest'album che ti inchioda alle origini e te ne fa essere orgoglioso» 

Ma Domenico Pertica, famoso con il nomignolo di MOMO chi è? Cosa ha rappresentato in tutto l’arco della sua vita romana? Certamente un personaggio ironico e arguto, un divulgatore, ma anche una persona sensibile e generosa. Domenico Pertica è giornalismo, cinema, arte, pittura, letteratura. Questi i caratteri sinteticamente delineati della sua poliedricità.

 Il giornalista.

Dopo il periodo militare in Albania, ritornato alla vita civile nel 1947 si sposa con Francesca Immè, con la quale ha due figlie Laura ed Emanuela. Nello stesso anno inizia l’attività di giornalista al Momento Sera che prosegue negli anni, al Giornale d’Italia fino al 1976, poi collaboratore a Paese Sera, l’Unità e la Repubblica. I suoi articoli sono tutti volti alla salvaguardia delle nascenti periferie romane, con la messa in forte risalto delle evidenti e gravi problematicità umane e abitative, allo stesso tempo, però, il suo appassionato impegno è rivolto alla tutela del patrimonio artistico, architettonico e culturale delle tradizioni romane, tanto da guadagnarsi l’appellativo di “Frusta di Roma”.

Con l’avvento delle Televisioni locali, a partire dal 1975, molte persone impareranno a conoscere il suo spirito arguto, la sua ironia e il suo impegno nei programmi la Voce del Campidoglio, Caffè Letterario e Quo Vadis Roma? trasmessi da Teleroma56, GBR e Videolazio.

 L’attore.

La particolare espressività del viso di Momo non poteva sfuggire all’amico e grande regista Federico Fellini, tanto che lo volle interprete di alcune parti di particolare caratterizzazione nei suoi film: “Amarcord” nel cieco di Cantarel, il suonatore di fisarmonica; “Ginger e Fred” nello stralunato impresario teatrale; “La nave va” nel ruolo di prete.

 La pittura.

In quest’arte riesce con particolare abilità a sfogare liberamente la sua fantasia, ma anche a cogliere e fissare nel disegno i tratti essenziali dello scenario o del personaggio oggetto della sua opera.

Importanti sono i suoi ritratti della serie delle Pouponnes (tra il 1987 e il 1993). Ironici e piacevoli i ritratti di immaginarie donnine di un bordello parigino di fine ottocento. Di carattere intimo i dipinti dei gatti, animali speciali di cui Pertica amava la compagnia e poi, la serie de “I segni del cielo” (1986), dipinti legati ai segni zodiacali.

Numerose sono state le mostre personali dedicate alla sua arte, ospitate a Roma a Palazzo Valentini nel 1984 e al Palazzo delle Esposizioni nel 1997, ma anche a Bordighera, a Barcellona, a Valencia, a Saragozza, a Tunisi, a Baghdad. Indimenticabile la mostra allestita a Roma nel 2012 nella Sala Giubileo del Complesso del Vittoriano.

 Il letterato.

Pur frequentando importanti salotti che contavano a Roma e vivendo tra amici letterati e grandi autori, Domenico Pertica non ha riscosso nel campo letterario quel consenso che le sue poesie e i suoi romanzi avrebbero meritato. Solo il suo primo romanzo, La Contessa di Roma del 1978 è entrato nella rosa dei finalisti del Premio Viareggio. Ma la sua produzione è cospicua: Le voci dell’isola, Villa Borghese, Fatti e fattacci della Roma umbertina, Roma delle meraviglie, Storia dei Rioni di Roma e le raccolte di poesie: Madrigale Eugubino, e Bagdad delle rose e Canzoniere ad Andrea

 Il Premio Simpatia.

Insieme a Aldo Palazzeschi e Vittorio De Sica, Domenico Pertica nel 1971, organizza il Premio Simpatia perché diceva: «Dobbiamo premiare i buffi, gli umili della società, le donne coraggiose, l’impossibile di questo pasticcio umano». Una manifestazione di cui quest’anno ricorre il cinquantenario, che si svolge annualmente in Campidoglio e assurta negli anni ad importante Istituzione della Città di Roma.

Testaccio è il suo quartiere, dove dal 1964 ha sempre abitato, nella casa di Piazza dell’Emporio, fino alla morte avvenuta il 16 luglio 2000. Un “testaccino” vero, e tanto innamorato da fondarvi, nel 1967, la prima "Associazione di Rione " e dove nel 2003, l’Amministrazione Capitolina, gli ha dedicato il giardino pubblico 

Angelo Gomelino - 30 gennaio 2021

 

 

 

 


articolo inserito da: Matteo Quaglini
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