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Sport a Roma 27 novembre 2020 Il lutto è di Napoli Addio, vecchio calcio Il lutto è di Napoli.
Dell’Argentina, dei familiari e di tutti gli appassionati di pallone. Di quello
antico, vecchio e caro, da anni continuamente bucato da chi odia il “chiasso”
del popolo. Tutto il resto sono
lacrime plastificate dei soliti tedofori del pensiero stupendo, quello che
appare ma non è. Che piange se deve, che rinnega se può. L’addio a Maradona è
l’estremo saluto a quell’idea di calcio popolare di cui era il simbolo indiscusso.
Della sua vita privata non ce ne frega niente. Per noi è l’ultimo
respiro di quel mondo autentico e genuino, malmenato da sciacalli in doppio
petto. Proprio loro, gelidi burattinai del consenso artificiale, bersaglio
incessante delle violente pallonate di Diego, silenti omicidi che ora incensano
e inviano fiori sfioriti al funerale del re assoluto di quel gioco sepolto con
lui. Con Maradona muoiono i
cortili polverosi, le ginocchia sbucciate e gli stinchi doloranti, gli zaini
come porta, le magliette sudate, le risse e gli abbracci, gli stadi gremiti, le
urla volgari e le risa sincere, la rabbia, l’esultanza smodata, i campetti di
terra, il fango e il prato verde, le zolle, i calci da dietro e le gioie
condivise, le rivalità dure e leali, i fumogeni e i petardi, i cori impetuosi,
la parola data, la tensione pre-gara, il panino allo stadio, l’appuntamento al
campetto, le polemiche autentiche, le incazzature sincere, le lacrime vere e le
radioline all’orecchio. La fantasia al potere. Quella che, in un cortile
qualsiasi di un pomeriggio domenicale, ti portava con loro: Maradona, Van
Basten, Baggio, rincorrendo il tuo amico come fossi a San Siro o all’Olimpico.
O nel sole del San Paolo, sotto gli occhi di ottantamila napoletani sognanti,
mentre Diego ti lancia verso la porta. Il lutto è argentino
perché lì è stato re. Il lutto è di Napoli perché lì è stato amore. Noi non c’entriamo nulla ,
non sappiamo delle infinite volte che hanno fatto l’amore in sette anni. Non
conosciamo le carezze, le litigate, gli addii e i ritorni. È una questione di cuore
in fondo. Lo stesso che, nel lontano giugno del ’94, fermandosi d’improvviso,
portò via il genio di Troisi. Lui che, già malato e prossimo al trapianto, non
volle sentir ragioni durante le ultime scene di Il postino. “Questo film lo voglio fare col mio cuore” disse
sincero. Così fece, innamorandosi dolcemente, nella pellicola, di una cameriera
d’osteria. Morì nel sonno, dodici ore dopo aver girato l’ultima scena. Con lo stesso cuore con
cui si sono amati, anche Diego li ha lasciati per sempre. “Fai finta di non
lasciarmi mai” cantava Gino Paoli negli anni di quella “lunga storia d’amore”. Piangi e sorridi Napoli.
Hai amato Maradona.
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