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Spettacolo a Roma

26 ottobre 2020
Un sogno chiamato Nova Amadeus
La presidentessa Teresa Loffredo racconta emozioni, viaggi e futuro della sua Associazione

La signora Teresa Loffredo, presidentessa dell'orchestra Nova Amadeus, ripercorre il suo amore per la musica sin da bambina, i concerti più belli in giro per il mondo e quelli più recenti a Palombara Sabina e nella chiesa di San Paolo entro le mura a Roma, con un sguardo al futuro degli artisti e dei musicisti che divulgano la cultura della grande musica.

Presidentessa, quando e come nasce il suo amore per la musica classica?

«L’amore per la musica nasce sin da quando ero nel grembo di mia madre. Mio nonno Angelo Persichilli suonava il Bombardino militare a Rimini, fu chiamato a sostituire il musicista malato per l’esecuzione del Barbiere di Siviglia a Busseto. Mentre si esibiva con il Bombardino nella sua virtuosa parte, da un palco, una fanciulla che era accompagnata da un signore distinto gettava fiori all’indirizzo del giovane soldato tutto preso e rapito nella sua impeccabile esecuzione che gli fruttò un crescendo di applausi. Al termine della serata, mentre la gente si allontanava dal teatro e anche i musicisti si prendevano una boccata di ossigeno, l’anziano signore che accompagnava la fanciulla si accostò al soldato Angelo e gli disse: “Bravo! Il Signore le ha dato un dono e sappia mantenerlo” e si allontanò a passo lento. Il maestro direttore che era nei pressi e aveva assistito alla scena, subito gli si avvicinò e gli disse: “Sai chi è quello che ti ha fatto il complimento?”. “No, non lo conosco” rispose Angelo. “Quel signore è il grande maestro Giuseppe Verdi, che è venuto ad ascoltarci”. Così il grande maestro si fece dare un foglio di carta e scrisse questa frase: “Ad Angelo Persichilli di Castellino sul Biferno con tanto onore” e vi appose sotto la firma.

Quando e perché nacque l’orchestra Nova Amadeus?

Il 17 giugno 1992 coronai il mio sogno, costituii una Associazione culturale musicale, la “Nova Amadeus”, con la quale allestii una orchestra composta da giovani professionisti di grande talento. Nel corso degli anni ho sempre lottato con tutte le mie forze per reperire finanziamenti e dare loro la possibilità di formarsi ed eseguire repertori di ogni genere, dalla musica lirica a quella sinfonica, contemporanea, corale e concertistica.

 Quali sono stati, dopo ventotto anni, i passi più importanti della sua associazione culturale?

Non so se per fortuna o per l’amore che nutrivo per questa struttura che ero riuscita a costruire con grande fatica, o forse perché erano tempi in cui il danaro circolava più facilmente, tutto procedeva bene: grandi concerti a Roma e molti concerti presso le ambasciate all’estero nei festeggiamenti della Settimana culturale italiana, e la mia orchestra aveva l’onore di rappresentare “l’Italia del bel canto” in ogni angolo del mondo fra cui Australia, Canada, Cina, Corea del Sud, Emirati Arabi, Francia, Jugoslavia, Svizzera, Malta, Belgio, Irlanda, Germania, Malesia, Pakistan, Singapore, Thailandia, Tunisia, Bangladesh, Turchia, Vietnam, Russia e Usa.

 Quali emozioni ha provato nel viaggiare per il mondo con la sua Orchestra?

Le emozioni sono state comunque in ogni nazione in cui abbiamo eseguito i concerti in quanto l’orchestra rappresentava l’Italia, ma due eventi sono indimenticabili: a Boston l’11 ottobre 2011 a commemorare i defunti dell’attentato delle Torri Gemelle e sulla nave più bella del mondo, Amerigo Vespucci, con il nostro quartetto d’archi per festeggiare il cinquantenario della fondazione dell’Accademia navale il 17 luglio 2009 al porto di Tunisi.

 Un mese fa la Nova Amadeus ha omaggiato il maestro Ennio Morricone in un bellissimo concerto a Palombara Sabina, che ricordo ha di quella serata?

Quest’anno causa coronavirus, non abbiamo potuto eseguire concerti con organico numeroso, tuttavia in ogni nostro evento abbiano inserito le musiche di Ennio Morricone. Un interessante concerto a lui dedicato è stato a Palombara Sabina in una location emozionante per la bellezza e per il pubblico che con tanta attenzione e commozione ha assistito ai tanti brani composti dal grande maestro Morricone.

 In questo momento difficile per tutti e per i poli culturali come lo è la sua Orchestra, quale messaggio sente di mandare al pubblico dei vostri concerti?

Oggi invece ho tanta paura che si stia rompendo questo meraviglioso “castello” costruito in tanti anni con grande fatica, ma anche con grandi soddisfazioni, e temo che possa crollare. Le difficoltà economiche sono tante, i finanziamenti degli enti pubblici sono sempre più esigui, e spesso legati al colore politico e alla discrezionalità degli amministratori di turno, preoccupati più della convenienza di parte che non della validità e qualità dei progetti proposti. Reperire sponsor in una situazione economica in grave crisi è difficilissimo. Mandare avanti un organismo a scopo culturale è molto difficile, se non problematico, anche perché il ricavo della biglietteria che si otteneva prima del Covid, importante per sostenere i costi, oggi è rimasto neanche un terzo!

 Domenica scorsa l’orchestra si è esibita nella chiesa di San Paolo dentro le mura, che concerto è stato?

Domenica 11 ottobre l’orchestra ha eseguito La Missa Romana di Pergolesi presso la chiesa di San Paolo entro le mura in Roma, è stata una sorpresa vedere tanto pubblico, per me è stato un momento di coraggio pensando che in fondo la musica è una tra le prime eccellenze italiane e quindi non deve e non può morire.

 Quale futuro vede per i musicisti e gli artisti?

Leggo ora la disperazione negli occhi di tanti musicisti che dopo anni di studi presso i conservatori si vedono costretti a dover cambiare la loro professione… Sì, è vero, sono artisti, ma questo è il loro lavoro e ci devono vivere non potendo farne un altro; il loro dono è quello di leggere le note per emettere suoni e trasmettere emozioni, quelle che un artista deve sapere trarre da una partitura, scritta da un altro artista dieci, cento, trecento anni fa. La musica è un’arte immateriale, non come la pittura o la scultura dove l’artista ha materializzato in forme definitive e immutabili i propri sentimenti e il proprio genio. L’arte della musica invece avrà sempre bisogno di un interprete che sappia ogni volta ricreare la magia del suono ideato dal compositore. Impedire che ciò avvenga porterà alla scomparsa della musica, del grande patrimonio culturale che l’Italia ha costruito in tanti secoli di storia affinché i posteri ne potessero sempre godere. Se penso che in Italia ci sono circa 70.000 musicisti che lavorano occasionalmente presso le associazioni culturali, e che ogni anno escono 1000 musicisti dai conservatori, mi chiedo: cosa faranno, cosa ne sarà di loro? Nel loro futuro non c’è la cassa integrazione che attutisce il calo del lavoro e nemmeno la solidarietà di qualcuno, perché la musica non è considerata “lavoro”, anzi per tante persone rappresenta un inutile e fatuo passatempo per pochi».

                                                                                                                         

                                                                                       

                                                                     

 

 

 

 

 

 

  

 

 


articolo inserito da: Matteo Quaglini
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