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Sport a Roma 14 giugno 2020 Juve, quella finale di trent’anni fa Coppa Italia: Juve ancora in finale. Come in quel 1990… Maggio 1990. Primavera inoltrata. Lo sfarzo accecante
del calcio italiano, all’epoca regale parco giochi degli dèi, si lasciava alle
spalle gli anni Ottanta, decennio abbagliante per la serie A, terra promessa
del mondo calcistico internazionale. I grandi campioni, gli stadi gremiti. La
Juve di Platini, la Roma di Falcao, l’Inter di Matthaus, il Napoli di Maradona
e il Milan dei tulipani. Di lì a poco avremmo vissuto con Schillaci e Baggio le
indimenticabili “notti magiche”. Un calcio a misura d’uomo, ricco di campioni
certamente amati ma giù dalla sedia gestatoria moderna. Fu in questo clima che Juventus e Fiorentina, acerrime
rivali, si affrontarono nella finale della cara coppa Uefa, antenata
dell’odierna Europa League. Il sorteggio per la finalissima stabilì che la gara di
andata si sarebbe giocata in casa della Vecchia Signora, al Comunale, nel
glorioso impianto teatro di grandi trionfi, prima del trasferimento nel
nuovissimo Delle Alpi, ormai ultimato in vista dei Mondiali di casa. Il problema, enorme, fu il ritorno. I viola avevano il
pesante macigno della squalifica del Comunale fiorentino, a seguito delle intemperanze
di un tifoso nei confronti del portiere del Werder Brema, nell’intervallo della
semifinale. Seguirono giornate di intense polemiche; i dirigenti
viola, dopo aver valutato e scartato le candidature del San Nicola di Bari e
del Via del Mare di Lecce, oltre alla suggestiva ipotesi dello spostamento
della gara a Montecarlo, ufficializzarono come sede della finale lo stadio
Partenio di Avellino, da sempre feudo bianconero, suscitando contestazione a
Firenze. Tutto ciò rese bollente la tradizionale rivalità che,
per un discreto numero di fiorentini, ebbe origine nei lontani anni Trenta,
mentre per la maggioranza nei primi anni Ottanta. Precisamente nella stagione
’81-’82, quando le due squadre furono impegnate all’ultima giornata in un testa
a testa per lo scudetto: Juve a Catanzaro, Fiorentina a Cagliari. Vittoria
bianconera nei minuti finali grazie a un rigore generoso trasformato
dall’elegante irlandese Liam Brady, pari fiorentino a Cagliari con furibonde
proteste per un gol ingiustamente annullato. Da quel giorno niente fu come
prima. Sempre in quel caldo maggio del ’90, a mettere altra
benzina sul fuoco fu la trattativa per cedere Roberto Baggio (indiscusso idolo
della Fiesole) proprio agli “odiati” juventini. Apriti cielo. Firenze insorse,
il conte Flavio Callisto Pontello, patron della società, zittì più volte chi lo
imputava a colpevole, scaricando le colpe direttamente sul giocatore, reo di
fare pressioni per trasferirsi a Torino. «Scrivetelo sui muri, Baggio resta a Firenze»
disse Roby. Non andò proprio così. Si narra che le firme definitive sul
contratto furono poste a ridosso della finale di ritorno, ma ufficializzate
soltanto il 18 maggio, due giorni dopo la gara. Fu così che Firenze si sentì
strappare dalle braccia il suo figlio adottivo. Ne seguirono giorni di autentica
guerriglia in città, con la malinconia a far posto alla rabbia. La gara di andata si giocò il 2 maggio, in un Comunale
di Torino stracolmo: tre a uno per la Juve. Il 16 ad Avellino, si giocò in un
clima surreale. Gli juventini, da regolamento in trasferta, si trovarono invece
in un mare bianconero, grazie al tifo degli irpini. La partita, piuttosto bloccata,
fu controllata agevolmente dall’undici di Zoff. Finì così, zero a zero, tra le
lacrime dei ragazzi di Ciccio Graziani e la festa bianconera per la seconda coppa
Uefa consecutiva. Le polemiche no, quelle continuarono. Trent’anni dopo è un’altra Juve e un’altra coppa. Davanti
avrà il Napoli e non la Fiorentina. Soprattutto, è un altro calcio, quello orribile del
Covid. Senza gente, senza passione. E senza Baggio.
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