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Politica a Roma

20 marzo 2020
DL, DM, DPCM … che sta succedendo?
Le armi dello Stato per contrastare il coronavirus

DL, DPCM, DM: questi sono gli strumenti giuridici che lo Stato sta utilizzando per combattere il coronavirus. DL, DPCM, DM significano Decreto legge, Decreto del presidente del Consiglio dei ministri e Decreto ministeriale, e prendono il nome o dalla sua funzione – il primo – o dall’autorità che lo emana – gli altri due. Normalmente le leggi si fanno in Parlamento, ma eccezionalmente – almeno in via teorica – il Governo si può sostituire alle due Camere emanando un DL, atto con forza di legge, e altro che al momento non ci interessa. Infatti tutti i divieti, obblighi, ma anche incentivi, deroghe e misure eccezionali per il coronavirus sono contenute in questi atti normativi. 

Tutto inizia il 31 gennaio – in moltissimi non ce ne siamo resi conto – con la delibera del Consiglio dei ministri che dichiara lo stato di emergenza sanitaria, che concretamente significa: occhio, qualcosa di pericoloso per la salute sta avvenendo. Poi arriva il DL del 23 febbraio – fonte primaria del diritto equiparato alla legge – con le prime misure di contenimento e con l’autorizzazione al presidente del Consiglio ad emanare DPCM – fonte inferiore – per fronteggiare il rischio epidemiologico, però ancora la vita sembra essere quella di sempre, anche se il DPCM elencava i primi Comuni con restrizioni per contenere l’emergenza. Con il DPCM del 25 febbraio si attuano le misure di contenimento del DL di due giorni prima e con il DPCM del 1° marzo si allunga la lista delle zone pericolose con restrizioni, ma ancora al Centro-sud tutto sembra quasi normale, nonostante alcune disposizioni lo riguardino. Il 2 marzo un nuovo DL con misure amministrative e finanziarie e il 4 marzo un altro DPCM con misure per tutta l’Italia, anche se con differenziazioni, e si comincia a percepire ovunque nell’aria che qualcosa starà per succedere. 

La data dell’8 marzo 2020 fa da spartiacque: da qui in poi nulla sarà più lo stesso. Il DPCM ordina il contingentamento delle persone in modo da evitare assembramenti, mentre il giorno dopo – 9 marzo – con un DL si mette mano al Servizio sanitario e con un DPCM si ferma anche il calcio – quindi praticamente da oggi si comincia a riflettere veramente. L’11 marzo, poi, si può riassumere con: “tutti a casa”. Restano aperti i generi alimentari e i servizi ad essi connessi e quelli essenziali, chi può deve lavorare da casa; un provvedimento così restrittivo delle libertà personali sembra non essere mai avvenuto nella storia repubblicana, ma la salute, bene primario costituzionalmente tutelato, viene prima di tutto. Da ultimo, almeno a oggi, il DL del 17 marzo che dispone misure diverse – civili, penali, amministrative, fiscali, lavorative e anche organizzative per gli Enti – che conferma il quadro “tutti a casa”, tuttavia aggiunge per esempio che enti, società o anche associazioni possono effettuare riunioni in video-conferenza con valore legale, anche se non previsto nei loro regolamenti o statuti. In pratica se un Comune, un’associazione o una società ha un’urgenza indifferibile da gestire, può riunirsi in video-conferenza, anche se non sarebbe di norma possibile. Ovviamente vale anche per la “tua” di associazione, quindi potrebbe essere un modo per non sentirti isolato dalla tua vita quotidiana. 


articolo inserito da: Raffaele Pongelli
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